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Disco Club: recensioni, consigli, classifiche e novità. La rubrica di un dischivendolo/29 settembre 2016

rubrica Discoclub

A CURA DI DIEGO CURCIO

LE RECENSIONI

ENRICO BOSIO – Segaligno

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Non sono mai stato un tipo da cantautori. Anzi, di solito – a parte rare eccezioni- mi annoiano mortalmente. Così quando mi sono accostato a “Segaligno”, il nuovo disco solista di Enrico Bosio (vecchia conoscenza dell’underground genovese, dagli En Roco al progetto messo insieme al fratello Pietro chiamato, guarda caso, Bosio) temevo che i miei soliti pregiudizi avrebbero in qualche modo preso il sopravvento. Invece questo nuovo album – uscito un mese fa in free download sulla pagina bandcamp di Enrico – è capace di spiazzare anche le orecchie più integraliste. Nel senso che “Segaligno” (un titolo che già vale mille punti), pur non essendo propriamente il mio pane e pur restando fedele alla formula base (piano, voce, chitarra e storie da raccontare), non è certo quel che si può definire un tipico disco da cantautore. E non lo è sia nel senso classico del termine (anche se nella mia infinita ignoranza un pizzico di Ciampi e di Conte li ho intravisti), sia sul piano di quella che oggi viene considerata la nuova scuola cantautorale italiana (Le Luci della Centrale Elettrica, Colapesce ecc). Enrico Bosio suona semplicemente le sue cose. E lo fa molto bene. Racconta qualche vicenda personale, mescolando poesia bucolica e ironia delicata e infarcisce il tutto con melodie malinconiche. L’inizio scanzonato di “Marciapiede”, il pezzo migliore del disco, fa da contraltare alla conclusione in punta di piedi di “Estate”. In mezzo ci sono la divertente “Jamboree”, “Lucifero” (con una coda “rock” molto interessante) e “L’ascensore del Castellaccio” (tra citazioni sghembe di Caproni e un riff di chitarra che ti si pianta subito in testa). Nove pezzi semplici e allo stesso tempo curati nei minimi dettagli. Un perfetto album autunnale. Diego Curcio 

https://enricobosio.bandcamp.com/album/segaligno

THE PINEAPPLE THIEF – Your Wilderness

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Forse Bruce Soord non riuscirà mai a scrollarsi di dosso l’etichetta di essere un clone vocale ed emotivo, quasi, di Thom Yorke. E forse la sua band, che non è fatta esattamente di novellini di buone speranze, esistendo dal 1999 e con all’attivo una buona decina di opere, continuerà a meritarsi le attenzioni distratte di chi la considera una sorta di esperimento genetico di clonazione fatto mettendo assieme appunto i Radiohead, i Porcupine di Steven Wilson, gli Anathema, i Sigur Ros. Qui poi addirittura le cose peggiorano, perché dietro i tamburi c’è Gavin Harrison, mostruoso marcatempo “tecnico” ex dei Porcupine, e John Helliwell dei Supertramp. E allora? E allora Your Wilderness è un disco bello, ispirato, ben scritto e meglio suonato, con un’altalena intelligente fra rarefatte sciabolate simil metal (Tear You Up) e ballad che spezzerebbero il cuore ad una pietra, opportunamente infiltrate da languori gilmouriani, pop il giusto, asciuttamente neoprog come solo loro san fare (In Exile). E non è un merito, quest’ultimo, per uno come Soord? Guido Festinese

ARAB STRAP – Arab Strap

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Non contenti di aver mandato i propri fan in delirio con l’annuncio di poche e selezionate date dal vivo a ottobre 2016, gli Arab Strap (Aidan Moffat e Malcolm Middleton) hanno anche preparato un doppio album di Secret Hits and Rarities per celebrare il loro ventesimo anniversario. L’omonima compilation, che racconta i dieci anni di una carriera tanto influente quanto controversa, mostra tutte le straordinarie capacità di una band che ha sempre rifiutato di conformarsi a qualsiasi aspettativa. Dall’ottima ‘Shy Retirer’ al piano noir di ‘Love Detective’, dal lo‐fi sconnesso di ‘The Clearing’ all’elettronica spartana di ‘Rocket, Take Your Turn’, gli Arab Strap si sono rivelati sempre senza paura ed originali sin dal primo minuto di Aidan in ‘First Big Weekend’ del 1996. Andrea Gemignani

FRANCO D’ANDREA PIANO TRIO – Trio Music Vol. II

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Forse il vero patto col diavolo di cui narravano leggendari bluesmen l’ha fatto ad un crocicchio milanese il grande Franco D’Andrea. Il Nostro ha ormai i capelli bianchi, la gloriosa e ruggente stagione jazz rock del Perigeo è lontana come le guerre puniche per le orecchie più giovani, eppure il pianista si permette azzardi con la musica che dovrebbero praticare i ventenni. Il penultimo sforzo fu, si ricorderà, un trio (Electric Tree) in cui l’elettronica di DJ Assot e il sax di Andrea Ayassot interagivano con il piano di D’Andrea. Doppio cd, ispiratissimo. Adesso, a rincarare la dose, con sublime understatement il coetaneo all’anagrafe di Bob Dylan si permette un altro doppio cd per il suo Piano Trio acustico, forse la formula ritenuta più “abusata” della storia del jazz, con i talenti stellari di Aldo Mella e Zeno Rossi, basso e batteria. Abituati come siamo a incensare (per carità, anche meritatamente) i Mehldau e i Jarrett, concedetevi il lusso di (ri)scoprire che D’Andrea è secondo a nessuno, una delle migliori tastiere del Pianeta. Con il santino cubista di Monk ad ammiccare, echi di ragtime e stride, riff e shuffle ben distribuiti, esplosioni di cluster che rammentano il glorioso Don Pullen che fu, e molto altro ancora. Scopritelo. Guido Festinese

IL DIARIO

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Diario del 28 settembre 2013
Sabato mattino è d’obbligo la visita dell’UDM; oggi parliamo di un comune amico che abbandona lo stato di single, “E’ difficile a cinquantanni cambiare le abitudini, bisogna trovare una donna che ti sopporti, io poi non potrei stare con una che non mi piace; ho provato anche con l’agenzia matrimoniale, quando ho incontrato la candidata, mi ha guardato come se fossi il mostro di Lochness ed è scappata”, ragazza perspicace.
Anziana, mandata da Feltrinelli, “Vorrei un cd di Albano e Romina”, “Non ne tengo”, “Qualcosa di Loretta Goggi?”. “No, mi dispiace”, “Eh sì me lo hanno già detto i suoi colleghi che sono dischi troppo vecchi”, poi sente la musica che esce dalle mie casse (“Autumn Leaves” cantata da Mark Lanegan) “Però anche questa è vecchia”. Lanegan=Albano/Romina? Poco dopo entra l’amico Gianni, mi indica un cd dietro la mia schiena, “Spero che quel cd te lo abbia ordinato qualche cliente”, mi giro e cosa vedo? Una raccolta di Loretta Goggi! Era arrivata per errore e io me ne sono dimenticato. Porca miseria, finirà mica a tenere compagnia a Gianni Togni?
Ivanooo! Non manca nemmeno oggi e ci spiega anche perché viene tutti i giorni “Voi mi fate ridere”. La mamma invece no, “Mi ha fatto arrabbiare anche oggi, insiste sempre che vada dall’avvocatessa, ma cosa ci vado a fare da una che poi mi ride in faccia? E’ proprio stramballata la mamma, pensare che prende 1,850,00 € al mese di pensione e potremmo vivere tranquilli”, “Milleottocentocinquanta?!?”, “Sì, però diluiti”.
Alle sette spengo le luci e proprio in quel momento si affaccia lo psichiatrico, mi viene male, mi farà perdere l’autobus? No, si limita a urlare “Chi non si vede ….. non muore”. Come dice lui, boh.

LE PROSSIME USCITE

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Domani
ALCEST – KODAMA
BON IVER – 22, A MILLION
ERIC CLAPTON – LIVE IN SAN DIEGO
DEACON BLUE – BELIEVERS
EPICA – THE HOLOGRAPHIC PRINCIPLE
MARIANNE FAITHFULL – NO EXIT
FEEDER – ALL BRIGHT ELECTRIC
FOCUS – X
ROBERT GLASPER – ARTSCIENCE
JIMI HENDRIX – MACHINE GUN
IMANY – THE WRONG KIND OF WAR
THE MISSION – ANOTHER FALL FROM GRACE
VAN MORRISON – KEEP ME SINGING
OPETH – SORCERESS
VAN DER GRAAF GENERATOR – DO NOT DISTURB
YELLO – TOY

11 novembre
PINK FLOYD – The Early Years 1965-1972

LA CLASSIFICA DELLA SETTIMANA

1 BILLY BRAGG & JOE HENRY – SHINE A LIGHT
2 NICK CAVE & THE BAD SEEDS – SKELETON TREE
3 MARILLION – F.E.A.R.
4 BEATLES – LIVE AT THE HOLLYWOOD BOWL
5 LED ZEPPELIN – THE COMPLETE BBC SESSIONS
6 ANDREA SCHROEDER – VOID
7 JOE BONAMASSA – LIVE AT THE GREEK THEATRE
8 KANSAS – THE PRELUDE IMPLICIT
9 BRUCE SPRINGSTEEN – CHAPTER & VERSE
10 KING CRIMSON – RADICAL ACTION TO UNSEAT

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