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Le notti brave a base di coca dei ragazzi nei carruggi – IL VIDEO CHOC – FOTO

L’INCHIESTA – I carruggi, a causa dell’ordinanza del Sindaco sulla vendita di alcol e dell’estate, si sono svuotati. Resta lo “zoccolo duro”. Tranne che alle Erbe (dove resiste un minimo di frequentazione, anche se in netto calo), i carruggi la sera sono desolati. Vien da dire che abbia rotto solo il peggio: spacciatori e tossici “di gruppo”. Ecco il video dei cocainomani che ieri sera, come molte altre sere, si sono dati appuntamento dietro la sede Amiu di via Giustiniani

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di Monica Di Carlo

Sono ragazzi “normali”, italiani, qualcuno anche vestito alla moda, anche se tra loro c’è qualche straniero. Comprano la droga nei carruggi, perché ormai l'”attrazione” di certi vicoli è rappresentata proprio dai pusher che non sottostanno all’ordinanza del Sindaco, non hanno orari, non hanno limitazioni. D’altro canto, mica vendono alcol. Vendono direttamente morte, spartendosi il territorio: senegalesi in fondo a stradone Sant’Agostino e all’angolo tra piazza Ferretto e via San Donato nel tratto che porta proprio alle Erbe, magrebini in piazza San Donato e sulla rampa che dalle Erbe porta a Sarzano, di nuovo magrebini nell’area attorno a piazza San Bernardo, d’estate meno frequentata dagli spacciatori perché riempita dai dehors dei ristoranti.
Ormai i ragazzi che vanno nella “rive gauche” (di San Lorenzo, mica della Senna) non lo fanno più per lo sballo dell’alcol e, se ci vanno, spesso birra, vino e superalcolici se li portano da casa, anche perché, per l’ordinanza, i market e gli artigiani alimentari che lo vendevano a basso prezzo o sono chiusi dalle 21 o sono chiusi per sempre, perché a dover chiudere alle 9 di sera non si fanno affari. Anzi, ora appare molto chiaro che l’alcol era solo di corollario, un tassello in più del divertimentificio senza regole per adolescenti e post adolescenti in cui si è trasformata la zona della movida. Le regole sono arrivate. Anche troppe, perché il sindaco Marco Doria ha voluto buttar via il bambino con l’acqua sporca e nell’impossibilità (qualcuno dice “incapacità” o scarso successo nel tentativo di costringere le forze di polizia a collaborare al processo di normalizzazione) di fare una selezione tra locali scorretti e locali virtuosi ha finito per penalizzare pesantemente le imprese sane, che fanno animazione del territorio, le quali hanno dovuto lasciare a casa molti dipendenti e hanno preferito lunghe chiusure estive al rischio di aprire sobbarcandosi i costi e restando, poi, vuote. L’assessore al Commercio Emanuele Piazza rilancia la necessità di revisione tirando per la giacchetta il suo Sindaco per la seconda volta, come già fece all’inizio dell’estate con scarso successo. Dice che è il momento di attivare l’osservatorio della funzionalità di regolamento e ordinanza con le categorie. Tra cinque giorni (l’8 settembre) al Tar ci sarà il giudizio sulla sospensiva del provvedimento richiesto dai locali e l’ordinanza potrebbe essere messa nel congelatore d’ufficio, in attesa della sentenza di merito. Piazza, conscio del solco (più opportuno sarebbe definirlo “baratro”) che si è scavato tra giunta e partiti che la compongono e categorie, tenta dunque, con una manovra di diplomazia, di anticipare l’armistizio e termine mai fu più adeguato, considerata la data in cui si dovrà pronunciare il Tribunale amministrativo. L’obiettivo, a pochi mesi dalle elezioni comunali, è quello di restaurare i deteriorati rapporti tra centro sinistra e commercianti. Tentativo generoso e (dicono i maligni) auto-tutelativo, ma un po’ tardivo, visto che da un paio di mesi le associazioni si esibiscono in un fuoco di fila contro ordinanza, patti d’area e, sopra a tutto, mancato dialogo di fatto (perché i proclami sono una cosa e i fatti un’altra) tra loro e l’Amministrazione, bombardamento che, anche quello, trova in Tursi un muro di gomma che non dà risposte e su cui i problemi rimbalzano.
L’estate del centro storico è passata sotto il coprifuoco alcolico e nessuno, fino ad ora, s’è preso la briga di analizzare la situazione odierna tra pizzette e carruggi quando, per dirla con le parole di una nota striscia di fumetti, “calano le prime ombre della sera”. Non ci vuole il detective Nick Carter per capire cosa accade nei vicoli adesso, ma nessuno lo ha fatto, fino ad ora e allora ci abbiamo provato noi di GenovaQuotidiana.
La cosa più evidente è che con market e artigiani alimentari chiusi o ai quali viene inibita a una certa ora il consumo di alcol il rumore è sparito, a scapito della percezione (ma non è solo percezione, vedremo) di sicurezza, perché, sempre con l’eccezione delle Erbe e di San Bernardo (cioè dove ci sono locali sani), in giro ci sono solo facce da galera, degne di comparire tra le maschere mortuarie del museo di antropologia criminale “Cesare Lombroso”. Ovviamente, oltre ai loro clienti, principalmente giovani genovesi sensibili al “fascino” delle sostanze psicotrope, dalla marijuana alla cocaina. Il supermarket dello sballo apre ogni sera, anche se le saracinesche rimangono abbassate. In fin dei conti, l’alcol si può comprare nel pomeriggio, portarselo da casa, comperarlo in quei locali che, approfittando delle falle dell’ordinanza, dopo aver rimediato un paio di multe, per evitare la sospensione della licenza chiudono all’ora indicata (l’una dalla domenica al giovedì, le due il venerdì e il sabato) e riaprono mezz’ora dopo. perché nel provvedimento del sindaco c’è scritto quando si deve chiudere, non fino a quando bisogna restare chiusi. L’alcol si può comperare anche ai chioschi di via della Mercanzia, davanti ai cancelli del Porto Antico, all’ombra di Palazzo San Giorgio. Oppure ci si può andare serenamente a impetroliare all’Expo, accuratamente escluso dall’ordinanza perché “lontano dalle case” anche se a 10 metri in linea d’area dalla zona della movida. Prima dell’estate l’assessore Piazza, insieme alla collega responsabile alla legalità Elena Fiorini, provò a far rivedere il provvedimento, eliminando gli errori materiali e concedendo l’ora in più richiesta ai titolari dei locali che ben si comportano, rispettano le regole, si impegnano anche ad animare il territorio, ma il sindaco Doria fu irremovibile non concedendo nemmeno la revisione degli errori materiali, ottenendo (e nemmeno sempre, a dir la verità) il risultato sperato, il silenzio, ma non la sicurezza e portando molte delle aziende sane sull’orlo del fallimento, circostanza che gli alienato i consensi della categoria. Quanto ai cittadini, quelli non dotati di doppie finestre e condizionamento che garantiscano l’immunità acustica, mica tutti sono contenti di poter andare a nanna dopo Carosello e alcuni lamentano che rientrare a casa dopo le 22 diventa una roulette russa a causa dei rapinatori (anche se diversi sono stati catturati dalle forze di polizia grazie anche alle telecamere). Altri continuano a lagnarsi per gli schiamazzi, perché alcune zone riparate ed evidentemente scarsamente sorvegliate da polizia e carabinieri diventano il luogo dei festini en plein air a base di droga. Come testimonia il video girato ieri sera nella zona di via Giustiniani, dietro alla sede Amiu.

Abbiamo ovviamente schermato i volti nei punti del video dove si vedono più dettagliatamente, ma si può distinguere chiaramente che i partecipanti alla spartizione della cocaina sono ragazzi normalissimi, alcuni dei quali anche vestiti alla moda, freschi di parrucchiere, con le scarpe e le magliette firmate. Sono soprattutto di sesso maschile, ma c’è anche qualche ragazza. Uno di questi si atteggia a leader del gruppo, forse è quello che ha procurato la “roba” o forse ha solo un po’ più di esperienza degli altri. Certamente è lui a cominciare per primo: mette il cellulare con lo schermo verso l’alto sul cornicione di una finestra bassa e comincia a suddividere la cocaina in strisce con un cartoncino o, più probabilmente, con una carta di credito. Poi tira fuori una banconota di grosso taglio, la arrotola e comincia a pippare. Sembra una scena del film “Scarface” o un buco spaziotemporale che conduce diritto agli anni ’80 della Milano da bere (e da sniffare). Solo che questi non sono mafiosi di Miami e nemmeno imprenditori collusi con la politica di Tangentopoli. Sono giovanissimi genovesi che magari sono usciti di casa dando il bacio alla mamma e promettendo di tornare presto.
È questione di un attimo, poi sul cornicione della finestra i telefonini sono disposti in batteria e tutti i presenti si alternano, dividendo la cocaina in piste con la tessera bancomat. Si sente una ragazza, che forse non lo ha con sé (si sa che i borseggiatori rubano i cellulari a chi è ubriaco o drogato e molti lo lasciano a casa), chiedere in prestito uno smartphone per usarlo anche lei. Alla fine, il leader srotola la banconota da 50 euro e la rimette nel portafoglio con gesto consumato di chi la sa lunga a proposito della vita. Questo accade spesso, certamente ogni mercoledì, venerdì e sabato sera. E non solo in questo punto.

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Questo è diventata gran parte dell’area della movida: un centro di spaccio e di consumo. A infastidire i tossici (perché quello sono, anche se hanno la maglietta griffata e non si aggirano ciondolando col laccio emostatico ancora attorno al braccio tipico di chi si inietta l’eroina) non ci sono nemmeno più i clienti dei locali. Evidentemente i controlli delle forze dell’ordine (quegli stessi che sarebbero bastati a regolamentare la movida evitando misure draconiane dannose per le aziende, l’economia, l’accoglienza turistica e la stessa vivibilità per i tanti che vivono nei carruggi, ma la cui massima ispirazione non è andare a letto alle 21) mancano o non sono sufficienti. Esattamente come prima. Perché tanto è cambiato nella notte silenziosa dei vicoli, ma quello no.
Forse è il caso di smetterla di discettare di percezione di insicurezza e di mettersi all’opera (forze dell’ordine e istituzioni, ognuna secondo le rispettive competenze) per sottrarre un’intera generazione dalla dipendenza, dalle grinfie della criminalità e dalla morte.

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