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Nella Genova dei barman dei transatlantici i locali muoiono per la crisi

Dopo la chiusura della società Italia, nella Superba sbarcarono i più bravi. Alberto Devoto aprì lo “Shaker” in via Cesarea, proprio dove nei giorni scorsi ha chiuso lo Scassadiavoli. E cambiò così il corso della storia dei bar, del bere e delle serate di Genova

Barman

di Monica Di Carlo

Fallisce lo “Scassadiavoli” di via Cesarea, uno degli (ormai moltissimi) bar da aperitivi a Genova e, proprio lo stesso giorno, tirano giù la saracinesca altri due locali: il Rock Cafè in via Malta e il locale B-Mood Battaglia, nuovo di pacca, che in corso Buenos Aires, quasi all’incorcio con via Casaregis, aveva sostituito la storica rosticceria Pesce grazie a ingenti investimenti dei titolari che hanno locali di successo nel ponente ligure. Tempi grami per i pubblici esercizi genovesi. Quelli del centro si sono moltiplicati anni fa quando, con l’unificazione delle licenze di ristorazione (A) e somministrazione di alcolici (B), chi ne aveva due se ne vendette una e quelle vendute arrivarono tutte tra i carruggi, la city e la Foce. Quale è il problema? Sono troppi e la crisi ha rasato a zero il consumo di superalcolici, a meno che non siano corredati da ottimi e abbondanti piattini-degustazione o da un ricco buffet dove chi chiede un cocktail <poco importa se è buono no, può anche cenare>. Lo dice Cesare Groppi, segretario della Fiepet Confesercenti, memoria storica della categoria. Lo Scassadiavoli non era più da tempo un punto di riferimento primario per le nuove leve e i più grandi (o più vecchi che dir si voglia) non avevano cuore di entrare per via di quei ricordi che risalgono agli anni Sessanta e Settanta e che non si possono mischiare con il vociare dei “pivelli” seduti gomito a gomito, quelli che pensavano così forte che tu fossi un reperto storico ambulante che ti pareva quasi di sentirli. I più giovani non possono sapere che il rito dell’aperitivo è nato proprio lì, in via Cesarea, nella seconda metà degli anni ’60. Erano i tempi in cui non si usciva tutte le sere e i più se ne stavano a casa. La movida non esisteva e i nottambuli si conoscevano tutti tra loro.
mich rafErano i tempi in cui i prestigiosi barman dei transatlantici, a seguito della chiusura della Società Italia, aprivano le loro attività all’ombra della Lanterna, forti della scuola dei bar di prima classe di “Michelangelo” e “Raffaello” ai quali si avvicinavano facoltosi imprenditori, stelle dello spettacolo, celebrità e persino teste coronate. In principio fu Alberto Devoto che cambiò il corso della storia dei bar, del bere e delle serate di Genova.

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Subito aprì il mitico “Shaker“, appunto proprio dove pochi giorni fa ha chiuso lo “Scassadiavoli”. E proprio lì, nel Quadrilatero, cominciò un’era. A Genova c’erano le più grandi aziende importatrici di alcol: la Spirit, Wax e Vitale (che c’è ancora) e diverse altre. Alcune hanno chiuso, altre si sono ridimensionate, altre ancora sono state acquistate da aziende straniere e magari hanno cambiato sede. Devoto iniziò i genovesi ai cocktail, li educò a bere bene e presto gli “american bar” invasero tutto il centro e il levante. Devoto, subito dopo, aprì la “Passoire”, altro storico locale, in piazza Rossetti e, finalmente, il suo gioiello, il “Mixing Glass” in piazza Leopardi, ad Albaro. Dallo “Shaker” (lo strumento utilizzato per miscelare gli ingredienti nella preparazione di cocktail attraverso lo scuotimento) il barman era passato al mixing glass, il bicchiere di vetro indicato per miscelare quei cocktail che contengono ingredienti particolarmente delicati quali distillati, vini e liquori non opachi (definiti in gergo “limpidi”), che devono essere semplicemente mescolati e, appunto, non agitati con lo shaker. Ed ecco a chi di voi si è sempre chiesto perché la spia inglese 007 chiedesse un <Vodka-Martini agitato non mescolato>, come invece dovrebbe essere, la spiegazione della frase ricorrente nei film dedicati a James Bond e nata nel romanzo “Casino Royale” di Ian Fleming.

 

Romano Mussolini
Romano Mussolini

Il Mixing Glass non era solo un american bar, era molto di più. Era il locale di riferimento di tutta la Genova che contava, era la capitale del jazz. Devoto era amico di Romano Mussolini, il figlio del Duce che alla politica preferì la musica, uno dei più grandi jazzisti italiani. Con lui sfilarono nel locale di piazza Leopardi tutti i migliori musicisti internazionali.

Chi è stato al Mixing Glass non può dimenticare il bancone, realizzato dallo scultore genovese Lorenzo Garaventa in tre pezzi, scolpiti sul lato verso il pubblico e scavati dall’altro in modo da consentire la collocazione dei banchi frigo del locale. Costò più o meno quanto un normalissimo banco costruito da un’impresa del settore e quando Devoto chiuse se lo portò a casa.

Mixing Glass

Al posto del Mixing Glass arrivò una filiale della Carige e per piazza Leopardi fu un po’ come morire. Devoto aprì, quindi, il “Mini Mixing” all’angolo fra via Cecchi e via Casaregis e lì continuò a fare il meglio che gli appassionati di cocktail abbiano visto e bevuto a Genova. Sapere che oggi i giovanissimi hanno barattato il culto del bere bene per i chupiti a cinquanta centesimi lo farebbero rivoltare nella tomba. Con lui, dai trasatlantici ai bar genovesi sono scesi altri che hanno fatto la storia del bere bene in città. Cupari, Lino Cairoli e quel Vito Druella, meglio noto come “Fragolino” (perché fu lui ad inventare il celebre cocktail a base di fragola e spumante brut) che è l’unico ancora in attività e ha aperto da circa un anno “La Piazza” in piazza Brignole dopo aver gestito per anni un locale in via Giacometti. A parte lui, nulla resta di quel mondo, nemmeno il ricordo dello Shaker, il bar che ha fatto la storia dell’aperitivo a Genova. Ma chi ha più di cinquant’anni, alla notizia della chiusura dello Scassadiavoli, assediato dai mille e uno locali che nel frattempo sono nati tra il centro, il centro storico e la Foce, non ha potuto fare a meno di tornare con la memoria a quando Devoto e i suoi colleghi inventavano il “bere di qualità” a Genova.

Alberto DevotoAlberto Devoto (a sinistra) nell’unica foto disponibile sul web, dal blog di Mario Quaglia www.mario.quaglia.net

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