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1800: Genova napoleonica assediata dagli austriaci e dagli inglesi muore di fame.

di Black Giac
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assedio di genova(L’immagine è tratta dal sito di Franco Bampi, fisico, professore universitario alla facoltà di Ingegneria e presidente dell’associazione “A Compagna” http://www.francobampi.it/)

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Anno 1800. L’Europa è in guerra, l’esercito francese guidato dal generale Napoleone Bonaparte ha più volte sconfitto le diverse alleanze ma con la campagna egiziana commette il suo primo grande passo falso. In un’apocalittica battaglia navale il lord Ammiraglio Orazio Nelson infligge una sonora sconfitta alla flotta napoleonica riaprendo i giochi nell’intero scacchiere strategico europeo. L’alleanza anti francese sfonda in Italia, i russi conquistano Milano e gli austriaci si avvicinano a Genova rimasto l’unico baluardo napoleonico oltre il territorio francese. Napoleone ha bisogno di tempo per riorganizzare il suo esercito, la Repubblica, “riformata” dal francese non senza problemi doveva resistere. Bonaparte invia un suo fedelissimo, il nizzardo Andrè Massena che il 10 febbraio entra con le sue truppe nella città, prende alloggio nel palazzo di Ambrogio Doria in piazza S. Domenico (l’attuale De Ferrari) e si prepara a vendere cara la pelle. Genova era assediata per mare dagli inglesi guidati da Lord George Keith che il 5 aprile con i vascelli “Cormoran” e “Camaleon” fa bombardare Quinto e sulla terraferma, appunto, dalle truppe austriache guidate da Michel Friederich Melas e Peter Karl Ott. I combattimenti si fanno subito intensi e accesi, Massena ha dodicimila uomini a disposizione contro il doppio degli austriaci, tra le fila dei francesi c’è un capitano che si distingue per il suo coraggio: il suo nome è Ugo Foscolo. La città in un primo momento vive uno stato di incongrua euforia di fronte a ciò che sta accadendo. I giovani soldati francesi portano una ventata di novità e di esuberanza maschile soprattutto nei salotti della nobiltà dove gli ufficiali di Massena portano scompiglio nell’austera vita delle nobildonne genovesi non senza qualche insofferenza dei mariti e dei fidanzati “ufficiali”. Ma le feste e i balli durano poco: in poco tempo militari e popolazione si rendono conto di quale sarà il vero nemico di questa battaglia: la fame. Il blocco totale per mare e per terra tagliò fuori tutti i rifornimenti e gli orti cittadini non sono all’altezza per sfamare tutta la popolazione, le scorte di grano si esauriscono, si produce il pane con i ceci, con le mandorle, con i semi di lino. Il costo degli ortaggi è inverosimile: una fava viene pagata due soldi, una fortuna per le economie di allora e certamente non a disposizione del “popolino” che soffre enormemente questa situazione. Si muore per fame nelle strade, tumulti devono essere sedati dai soldati per una cassa di pomodori, i suicidi si moltiplicano dal ponte di Carignano. Non va meglio per i prigionieri austriaci nelle prigioni della Darsena. Dopo essersi mangiati anche le suole delle scarpe devono essere separati per evitare che si ammazzino tra loro per poi divorare le loro stesse carni. Si continua a combattere, però. Massena dimostra di che pasta è fatto e non si fa influenzare dalle richieste di resa che arrivano da più parti in città. Scontri violentissimi avvengono sulle alture di Coronata, lo stesso Foscolo nei combattimenti venne ferito due volte. Nel frattempo si mangiava di tutto: gatti, cani e cavalli scomparvero dalla circolazione in breve tempo ma anche i topi diventarono una prelibatezza addirittura si racconta di ragni e scarafaggi bolliti e tutto questo che certo non bastava a saziare la fame alimentava epidemie di febbre petacchiale provocata dalla scarsità di cibo. Il 30 maggio, data che Napoleone aveva consegnato a Massena come termine per resistere in attesa dei rinforzi vedeva desolatamente un città in ginocchio ma senza nessun segno di truppe napoleoniche che ponessero fine all’assedio. Un soldato francese, a nuoto, forzò il blocco navale per andare a chiedere aiuto ai suoi. Ritornò ancora a nuoto per portare delle risposte che non erano confortanti. In tutto il periodo del blocco solo il pirata Giuseppe Bavastro riuscì a portare in città dal mare due casse di grano. Massena resistette ancora sino al 4 giugno, in un tempo che precipitò i genovesi in un incubo di terrore. La resa costò la morte di ben 20.000 civili e una ferita indelebile nel corpo della città. L’ammiraglio inglese Keith accetta le condizioni di resa del generale napoleonico con una frase: “La vostra difesa è stata troppo eroica perché s’abbia a negarvi qualcosa”. Gli austriaci entrarono a Genova per starci solo una ventina di giorni. Napoleone alla fine arrivò sbaragliando prima le truppe alleate a Marengo (14 giugno) e riconquistando la città.

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