Chiude lo storico Corriere Mercantile. Il comunicato del Cdr. Il video storico

Il filmato inedito del 1982 firmato da Matteo Ricchetti e da suo padre

di Monica Di Carlo
——
È il 1824. Giacomo Leopardi pubblica le “Operette Morali” e a Vienna viene eseguita per la prima volta la Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven. Le donne vanno in giro vestite con gonne lunghe e larghe, tenute larghe da un cerchio mentre le ampie scollature che caratterizzano gli abiti “stile Impero” si vanno via via chiudendo. Le signore portano i capelli raccolti, spesso coperti da un cappellino o da una cuffia. L’uomo preferisce il colore, sulle cravatte e sui panciotti. Non lesina i quadri scozzesi sui pantaloni, molto meno attillati, e soprattutto preferisce la cravatta nera, dove per cravatta si intende una sorta di sciarpa avvolta attorno al collo in svariate maniere.
Luigi Pellas, commerciante di generi coloniali, fonda il “Prezzo corrente generale del Porto Franco”. Si tratta di un foglio bisettimanale in formato libro di prezzi e listini di generi coloniali nonché di avvisi e notizie sul movimento delle navi in porto e sul costo dei noli. Dal 2 gennaio 1844 esce con cadenza quotidiana. Nel 1848 viene trasformato dall’economista Giovanni Antonio Papa, principale collaboratore di Pellas, in quotidiano politico e commerciale, ad indirizzo liberale moderato e adotta il formato lenzuolo. Nasce così “Il Corriere Mercantile”. Passano gli anni, ne passano 191. Passano i tempi in cui il giornale viene inviato in abbonamento in “Tutte le Russie” dello Zar. Passano quelli in cui l’allora direttore, a fronte di un tentativo di censura sabauda, scriveva senza mezzi termini in prima pagina un fondo che suonava più o meno così: <Fai un po’ quello che vuoi, vieni a prendermi, ma il giornale prima che sia pubblicato non te lo faccio leggere>. Passa il tempo in cui il giornale inviava quotidianamente le proprie copie agli abbonati “Italiani d’Argentina”, quelli che erano partiti dall’entroterra povero alle spalle della città e del Tigullio spopolando interi paesi e per non sentire la nostalgia leggevano della loro Genova, dalla quale si erano abbandonati a malincuore col piroscafo con le loro poche cose nelle valigie di cartone.  Nel 1947 le uscite passano da 6 a 7: nasce “La Gazzetta del Lunedì”. Il settimo numero non poteva chiamarsi come gli altri sei, all’epoca. Ed è per questo che la stessa redazione faceva due giornali, sei quotidiani e un settimanale. Il Corriere Mercantile è stato il primo giornale ad avere un caporedattore donna, Sandra Badino Ramella (recentemente scomparsa), ed è stato anche il primo giornale italiano ad uscire a colori, nel 1989. La cooperativa Cooperativa Giornalisti e Poligrafici gestisce le testate dall 21 marzo 1977. Da sempre, direttore e presidente è Mimmo Angeli. Il Corriere Mercantile è stato una scuola di giornalismo. Molte delle persone che negli ultimi cento anni sono passate per la redazione hanno fatto carriera e sono diventate giornalisti di fama nazionale o sono andati a lavorare in prestigiose testate o in canali Tv nazionali: Claudio G. Fava, Maurizio Costanzo, Giulio Anselmi, Paolo Garimberti.

Sandra Ramella, Mimmo Angeli, così come il proto Floriano Pancera, il vice direttore Alfredo Passadore e il fotoreporter Luciano Zeggio (ancora in forze) si possono vedere in questo filmato inedito realizzato nel 1982 da Matteo Ricchetti e da suo padre e montato e diffuso oggi sui social.

<Apprendo oggi la ferale notizia che Corriere Mercatile e Gazzetta del Lunedì, cessano le pubblicazioni – spiega Ricchetti -. Ho deciso di mostrare per la prima volta queste immagini che girai con mio padre nel lontanissimo 1982 nella redazione di questi giornali, con la prima telecamera portatile Betamax. Nonostante la qualità “infima” del mezzo confrontato con gli strumenti attuali queste immagini nella loro vivacità mostrano un universo scomparso a prescindere dalle tristi sorti attuali della Cooperativa. Mi piacerebbe che oggi, venissero guardate e condivise, se qualcuno di voi conosce qualcuno di queste persone, o qualcuno nella attuale redazione vorrei che gliele condividesse. A rivederle oggi trovo che tutti siano stati oltre che valenti professionisti bravissimi attori, nonostante il faro accecante che gli puntavo addosso per poter carpire qualcosa con quella insensibile telecamera. Ho deciso di non montarle e non post sonorizzarle, sono così come erano state girate al tempo, senza retorica alcune, e per me cariche di emozione>.

Questo è il comunicato integrale del Cdr, il comitato di redazione in merito alla chiusura del Mercantile

Da lunedì in questa città ci saranno ventuno posti di lavoro in meno: quattordici giornalisti, due fotoreporter, tre grafici, due collaboratori amministrativi. Nei mesi scorsi altri dieci colleghi, tra giornalisti e addetti ai servizi, per motivi diversi erano stati costretti ad interrompere il rapporto di lavoro. Insomma una media impresa che si dissolve. Da cronisti fino all’ultimo, partiamo dall’essenzialità della notizia. Così come abbiamo fatto tante, troppe, volte in questi anni per raccontare capitoli dello stesso dramma occupazionale: uno stillicidio di saperi, professionalità, capacità, talenti, sacrifici spazzati, talvolta in silenzio, per essere immolati sull’altare del “modello di business”. Se non ci stai dentro, non servi più, non conti più. Vuoti a perdere. Che tu sia giornalista, artigiano, commerciante, libero professionista, manovale. Non ci sono lavori che valgono più di altri, tutti hanno la stessa dignità. E nell’ora del commiato questo teniamo a precisare scansando tentazioni retoriche o autoreferenziali, semplicistiche e ormai stantie. La nostra storia, il nostro epilogo, semplicemente assurgono a simbolo della deriva di un sistema e, soprattutto, di una città, dove un giornale che chiude, l’ultimo rimasto, vale come un altro frammento dell’identità spezzata e avviata a smarrirsi.
Ci sono tanti motivi e qualche “colpevole” se oggi siamo costretti a gettare la spugna vanificando l’impegno e la tenacia che fino ad ora ci hanno consentito di arrivare in edicola: senza stipendio da mesi, con retribuzioni e condizioni di lavoro “storicamente” ben lontane dai “parametri” della categoria. La crisi di un modello di editoria vicino all’implosione è innegabile. Ma nel momento della scelta di chi sostentare, il governo ha pensato di privilegiare i grandi gruppi magari quotati in borsa, evidentemente più capaci di esercitare attenzioni, foraggiando interventi generosi e dimenticando gli impegni assunti con gli altri, noi editoria no profit. E poi non è stato bello scoprire dalla sera al mattino che il tuo partner prestigioso ed interprete di una grande tradizione imprenditoriale ti aveva tradito diventando “competitor” dopo aver condiviso una sfida coraggiosa. In mezzo altri partner che, fiutando le correnti di tempesta, hanno abbandonato la nave raggiungendo la riva dalla quale assistere compassionevoli al naufragio. Improvvisamente soli, a parte il sostegno dell’associazione giornalisti e di ben pochi altri. Irrimediabilmente deboli. E oggi sconfitti.

Il Comitato di Redazione

Infine
Chi scrive questo articolo ha lavorato al Corriere Mercantile dal 7 gennaio 1987 al 15 aprile 2015 prima come collaboratrice (ma all’epoca ci si sedeva e si scriveva subito in redazione), poi come “Articolo 2”, poi come praticante e, infine, dal 15 febbraio 1995, come redattrice. Si è dovuta dimettere per ragioni strettamente economiche, ma ama profondamente la testata storica che le ha permesso di vivere per tanto tempo e dove ha imparato tutto quello che sa su questo mestiere, principalmente grazie al caporedattore Paolo De Totero, (pre) pensionato da qualche anno. L’auspicio è quello che le immense professionalità che davano vita al “Mercantile”, quelle che sono rimaste fino all’ultimo e quelle che negli ultimi mesi sono state costrette ad “abbandonare la nave” per poter mantenere la famiglia grazie al sussidio di disoccupazione o trovando altri impieghi, non diventino un “patrimonio di professionalità” disperso. Un doveroso e affettuoso pensiero e un ringraziamento va ai sei colleghi che sono rimasti “vittima” dei pre pensionamenti resisi necessari, nell’ambito di un piano di crisi, alle prime avviasaglie di quanto stava accadendo.

Related posts

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: